venerdì 5 ottobre 2012

La Sardegna e le province NON-morte

Se ne è parlato molto, appena pochi mesi fa. Città metropolitane, dimezzamento ed accorpamento delle province, congelamento di tutti quegli enti pubblici che, vuoi per campanilismo, vuoi per mangiarci sopra, continuavano a dividersi, moltiplicarsi, dividersi ancora, in un eterno circolo vizioso.
Avete presente? Bene. Tra tutti questi magna magna collettivi, uno dei "casi limite", sbandierato ai quattro venti per tutta la scorsa primavera, era l'affaire Sardegna. Ci si interrogava di come fosse possibile che, a fronte di una popolazione tutto sommato modesta (1.600.000 c.ca) e della concreta scarsità di nuclei abitativi di una certa consistenza sparsi per un territorio vasto come il Piemonte, si trovassero ben otto province di cui quattro, le "nuove" (istituite tramite decreto legge regionale nel 2001), con una popolazione complessiva parecchio inferiore al canonico mezzo milione.
Accadde quindi che, grazie all'eroico intervento di un gruppo, anzi, di un movimento locale (i Riformatori Sardi) si arrivò, ai primi di maggio, alla promulgazione di un referendum abrogativo che, a sorpresa, raggiunse l'eccezionale record del 97% di SI. Un successo per la democrazia, a detta di molti (me compreso).
Ma questo è l'antefatto, ora passiamo al presente. Già, perché, a fronte di tutto ciò, pare che non sia cambiato assolutamente nulla. Pur di riuscire a rimanere seduti su poltrone ormai dissolte nell'aria, le sedicenti amministrazioni dimissionarie hanno prima posposto la loro definitiva débâcle, e contemporaneamente, da gran furboni, hanno fatto (e stanno continuando a fare) i loro porci comodi con i finanziamenti che ancora fluiscono copiosi da Roma, organizzando sagre, feste, assumendo personale... Insomma, strafottendosene del plebiscito che avrebbe dovuto apporre la parola fine a tutto questo spreco di denaro pubblico.

E invece, come solo here in Italy siamo capaci di fare, il tutto si consuma sotto il naso e gli occhi (ben chiusi) di tutti... bella roba, eh? 

(Se siete interessati, vi invito alla lettura di questo interessante articolo, firmato da Monia Melis, del Fatto Quotidiano)


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